Nell'Impero Romano, le monete furono sempre più utilizzate come strumento di propaganda politica, con le immagini che riportavano le effigi degli imperatori e le diciture che ne celebravano le imprese ed i meriti.
Il passaggio che si ebbe dalla monetazione anonima al controllo da parte dei magistrati monetari conobbe un ulteriore salto di livello quando Giulio Cesare iniziò ad emettere monete con la propria immagine, invece che con quella dei propri antenati. Questa innovazione aprì la strada all'utilizzo quasi esclusivo dell'immagine dell'imperatore sul fronte delle monete del periodo imperiale, che rafforzava l'dea dell'impersonificazione nella figura dell'imperatore dello stato romano e delle sue leggi.
Ulteriore salto di qualità si ebbe con l'associazione dell'immagine dell'imperatore con quelle di divinità, per affermare l'origine sovrannaturale del potere dell'imperatore. Questa tendenza si era già manifestata durante la campagna contro Pompeo, nella quale Cesare emise monete con immagini di Venere ed Enea, con l'obiettivo di sostenere l'ipotesi di una sua discendenza divina. L'uso della moneta come strumento di comunicazione personale da parte dell'imperatore venne poi portata al suo estremo da Commodo, che nel 192 emise una moneta che sul dritto riportava un suo busto vestito con una pelle di leone, mentre sul retro era presente un'iscrizione lo indicava come la reincarnazione di Ercole, sostenendo in questo modo una sua discendenza divina.
Ulteriore modo per utilizzare la moneta per fini personali fu quello a sostegno della legittimazione alla successione al trono. Infatti, già dal tempo di Augusto e successivamente per tutta la durata dell'impero, la rappresentazione degli antenati utilizzata durante la repubblica venne sostituita dalla rappresentazione dei familiari e dei figli dell'imperatore, rafforzandone l'immagine pubblica ed accreditandoli come degni eredi del suo potere.
Il risultato dell'uso della moneta come mezzo di comunicazione e la coniazione indipendente di monete da parte delle province romane porta al risultato di un'estrema varietà di tipi di monete imperiali prodotte.
Per quanto riguarda le tipologie utilizzate, la moneta più diffusa nell'impero romano fino al III sec. d.C. fu il sesterzio, moneta coniata prima in argento successivamente in bronzo, il cui valore era sufficientemente basso per non dover ricorrere a sottomultipli, ma anche abbastanza alto da rivelarsi utile negli scambi commerciali più comuni.