Monetazione romano-campana

didracma

Monetazione greca

Il didramma romano deriva dall'analoga moneta del sistema monetario dell'antica Grecia, basato sulla dracma o dramma. Il nome dramma (dracmh) deriva dal verbo "afferrare" (drassomai) e avvalora l'ipotesi che il valore economico di questa moneta dovesse derivare da una "manciata" (drax) di altri oggetti, probabilmente oboli.

Obolo, a sua volta deriva obelos, che significa "spiedo di ferro" e si rifà all'uso del metallo sottoforma di verghe negli scambi commerciali fra l’VIII e il V secolo a.C., prima dell'adozione della moneta. Nella monetazione greca, la dramma in argento aveva un valore pari a 6 oboli.

La dracma, in realtà, non rappresenta un valore assoluto, ma la metà di uno statere (stathr), che è in realtà il valore di riferimento. Infatti, il termine statere indica i due piatti della bilancia in equilibrio ed ancora oggi, di fatti, lo "stadere" è un tipo di bilancia. Lo statere, quindi, rappresenta il valore complessivo di due dramme.

Lo statere rappresentava l'unità monetaria per le monete d’oro, con un peso di circa 8,7 g. Le monete di valore inferiore, invece, venivano coniate in argento, con un rapporto in valore con l’oro a parità di peso di 1:10; come base delle monete d'argento viene utilizzata la dramma.

Come conseguenza di questi rapporti di peso, la parità di peso tra il sistema basato sullo statere e quello basato sulla dramma, quindi, si ha tra statere e didramma, che è appunto il multiplo della dramma che ne ha il doppio del peso.

Ma la moneta greca di gran lunga più utilizzata, dal V secolo a.C. fino ad Alessandro Magno, fu il tetradramma, con un valore di quattro dracme. Il diritto della moneta rappresentava il profilo della dea Atena, mentre sul rovescio era riportata una civetta, che era l'animale sacro della dea. Altri multipli della dramma erano la mina (in greco mna: mna), pari a 100 dramme, ed il talento (talanton), pari a 60 mine, talento che rappresenta la massima unità ponderale nel mondo orientale e greco.

Le monete di valore inferiore, invece, erano realizzate in rame; l’unità monetaria era la litra (litra), diventata poi libra come unità di peso romana ed anche termine che indicava un tipo di bilancia.

L’uso nelle colonie greche in Sicilia del rame a peso per gli scambi commerciali, costrinse a fissare un rapporto fra la moneta in argento delle città greche e l’unità di valore delle popolazioni locali. Venne creata, quindi, una libra in argento con un valore di 1/5 di dramma, alla quale si sostituì in seguito una libra in bronzo.

Altra frazione dell'obolo era il chalkus (dal greco χαλκός, rame), che era una moneta in rame dell'Attica, con un valore pari all'ottava parte dell'obolo.

Una caratteristica comune delle monete greche è quella di presentare un rilievo notevole delle immagini che venivano raffigurate sulle loro facce. Queste immagini erano di solito relative a divinità, animali o prodotti caratteristici delle località nelle quali erano coniate; di conseguenza, data la notevole estensione dell’influenza dell’antica Grecia e l’elevato numero di zecche, si ebbe un elevatissimo numero di differenti tipi monetari.

Monetazione romano-campana

Con lo sviluppo delle relazioni commerciali di Roma con la Magna Grecia, dove l'uso della moneta era già sviluppato, portarono i romani ad adottare monete che, sebbene siano emesse sotto l'autorità di Roma, come testimoniano le legende adottate, venivano coniate in zecche della Campania, secondo il sistema ponderale greco.

didracma didracma

Le prime emissioni di questo tipo sono relative a due successive serie di in bronzo una litra che presentano al dritto la testa di Apollo e al rovescio un toro con volto umano; la legenda presente nella prima serie riporta il nome "Roma" in caratteri greci, mentre nella seconda serie vengono utilizzati caratteri latini per la scritta "ROMAION".

Per quanto riguarda le monete d'argento, dalla fine del IV secolo e nei primi decenni del III a.C. furono coniate tre serie con un valore equivalente a quello della didracma (7,40 g) e della dracma greca (3,30 g), che avevano sul retro la legenda "ROMANO". Successivamente, furono coniate delle serie che riportavano la legenda "Roma", caratterizzata da un peso inferiore alle precedenti e presumibilmente coniate a Roma.

Una successiva emissione fu quella del quadrigato, così chiamato per la scena di Giove su una quadriga guidata dalla Vittoria presente sul rovescio, mentre al dritto è riportata una testa laureata giovanile bifronte. Oltre a quest'ultima emissione, viene emessa un primo aureo, che sul dritto riporta la stessa testa giovanile bifronte mentre sul rovescio è presente una scena di un giuramento, con due guerrieri che giurano su un porcellino che viene sostenuto da un terzo guerriero; da tale scena, questa moneta d'oro viene comunemente indicata come aureo del giuramento. Queste due monete dovrebbero far riferimento al giuramento di fedeltà che fece seguito alla pace del 290 a.C. tra Romani e Sanniti dopo la vittoria romana del 295 a.C. presso Sentinum.